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Ogni wine-lover che si rispetti ha la sua uva bianca preferita ed ogni zona produttiva ha la sua “eletta”, perchè particolarmente vocata nel suo territorio. Ma su tutte c’è un’uva bianca che piace praticamente a tutti e regna incontrastata in quasi ogni regione vinicola del mondo. Parliamo ovviamente dell’uva Chardonnay, per questo unanimamente considerata come la “Regina” dei vitigni a a bacca bianca.

Lo stile di riferimento classico è quello dei grandi bianchi di Borgogna, dove lo chardonnay fermenta e matura in piccole botti di rovere; ma esiste anche uno stile più fresco e fruttato (come nel nostro nord-est, ad esempio) in cui la maturazione avviene in vasche di acciaio. Laddove la botte offre chardonnay con sentori di lievito, burro, note tostate e pane, le versioni senza legno sono dominate dal frutto e da una più vivace acidità.

A lungo si è creduto che ci fosse una connessione tra Chardonnay, Pinot Nero e Pinot Bianco. Questo perchè, oltre a proliferare per secoli nella stessa regione – la Borgogna appunto –  hanno foglie dalla forma e struttura quasi identiche. Solo un’analisi del suo DNA ha in seguito rivelato che in realtà lo Chardonnay deriva da un incrocio naturale avvenuto tra i vitigni Pinot Bianco e Gouais.

Si ritiene che i Romani portarono la Gouais dai Balcani in Francia, dove i contadini cominciarono a coltivarla a partire dal III secolo soprattutto nell’est del Paese. Qui giá cresceva rigoglioso il Pinot Blanc dell’aristocrazia francese, quindi è facile intuire come spontanemente l’incrocio abbia preso vita. Ma solo verso il XIII secolo lo Chardonnay viene ufficialmente riconosciuto come varietà vinifera.

La vite dello Chardonnay è molto rigogliosa e può generare rese molto alte, il che “obbliga” i produttori di bianchi premium a ridurre anche fino alla metà la sua naturale produttività.

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Un altro punto cruciale è il momento della vendemmia, essendo un’uva tendente a maturare velocemente e quindi a perdere in acidità. Però proprio grazie a questa sua maturazione precoce può prosperare in regioni vinicole più fredde dove è possibile finire la raccolta prima delle piogge autunnali, evitando così il rischio di fugnhi e marciume.

Il suolo anche ha una grande influenza sullo sviluppo dello Chardonnay. Nonostante il vitigno si adatti praticamente a qualsiasi superficie, gli sono più consoni l’argilla, il gesso e il calcare, non a caso predominanti nei suoli della Borgogna.

Nei climi freddi lo Chardonnay genera vini più duri, dall’alta acidità e note di mela verde e prugna. Un clima più ameno invece dà vita a vini dalle caratteristiche agrumate, mentre in regioni calde tendono a prevalere note di melone e pesca, fino ad arrivare a frutti esotici come ananas, banana, mango e figo, per dei vini corposi e rotondi, dall’altro grado alcolico e bassa acidità.

Insomma, un vero jolly, capace di produrre vini di qualità a qualsiasi latitudine e longitudine. Un vitigno “neutro”, un veicolo che permette al terroir e all’enologo di esprimersi nel modo migliore a seconda di dove è coltivato.

Per tutto questo ci sia concesso di dire: “Lunga vita alla  Regina!”

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